La Verdi 15
Occupata è stata sgomberata. La mattina del 30 ottobre i reparti della celere
torinese, in tenuta antisommossa, sono entrati nella residenza dall'ingresso
principale. Sono arrivati verso le dieci del mattino, non hanno dovuto forzare
nulla perchè a quell'ora la porta della Verdi era aperta, come sempre. Hanno
varcato quella soglia come fossero venuti a studiare in una delle aule studio
aperte ventiquattro ore o a seguire una lezione d'italiano o di francese, o a
partecipare a un dibattito.
Sono andati a
prendere gli occupanti uno a uno. Li hanno radunati tutti tra pianterreno e
cortile. Poi hanno diviso italiani e stranieri, a ricordarci che non siamo
tutti uguali, come vuole la linea politica del presidente leghista della
Regione Piemonte Roberto Cota. Poi hanno isolato chiunque chiedesse spiegazioni
o cercasse di tenere alto il morale cantando, a ricordarci che la via più
rapida e indolore è perdersi d'animo. Una volta radunati e immobilizzati gli
occupanti, sono andati stanza per stanza a distruggere tutto quello che
trovavano. Hanno rovesciato il contenuto di frigoriferi e credenze. Hanno
smembrato mobili e spaccato finestre. La stampa ha quindi avuto gioco facile
per dipingere gli occupanti come dei disadattati che vivevano nel degrado. Del
resto si sta bene a Torino d'inverno con le finestre senza vetri, non fa una
piega. Del resto se la magliettina non è
più di moda gli si dà un tocco di colore spaccandoci sopra un vasetto di marmellata.
Tutto questo
di fronte a Umberto Trabucco, presidente dell'Edisu, ente per il diritto allo
studio che agli abitanti della Verdi aveva già levato il posto letto e la borsa
di studio, e che oggi arriva a reclamare anche quello spazio che ci si era
presi per vivere dignitosamente e continuare a studiare. Ciò che queste tetre
figure non avevano calcolato è che la Verdi 15 Occupata non si è mai limitata a
risolvere un'emergenza abitativa: la mattina del 30 ottobre, ancora una volta,
tante e tanti hanno perso una casa, tutti uno spazio libero e comune.
A fronte di
quanto accaduto, forti della solidarietà arrivata dall'intero paese, crediamo
sia necessario che tutti prendano una posizione. Innanzitutto l'Università, la
cui priorità deve essere tutelare gli studenti e le studentesse e il loro
diritto ad avere una formazione. L'ateneo non può rimanere a guardare in
silenzio: decine di ragazzi italiani fuori sede, pakistani, tunisini, serbi,
senegalesi e di tantissimi altri paesi, come quando sono state tagliate le
borse di studio, hanno come unica prospettiva di tornarsene da dove sono
venuti, anzi, sembra che siano invitati a farlo.
L'ateneo di
Torino ha speso miliardi per un nuovo campus universitario che di questo passo
rimarrà vuoto. Anche perchè alla luce della politica di dismissione dell'ente
Edisu come organo di garanzia del diritto allo studio in Piemonte sono tanti
gli interrogativi sotto il cielo. La Verdi è stata sgomberata con il pretesto
della ristrutturazione, ma all'oggi i soldi regionali e ministeriali non ci
sono, non si sa se arriveranno, quindi: che destinazione avrà la residenza di
via Verdi? si userà la ristrutturazione come scusa per poter poi cartolizzare
lo stabile? sarà la privatizzazione e la speculazione a comandare le nuove vesti
del diritto allo studio? La battaglia della Verdi 15 chiama in causa tutti
perchè va ad aprire una tendenza nazionale, laddove lo studio viene espropriato
del diritto.
Se in città
non si è visto il crollo delle immatricolazioni, come succede nel resto del
paese, è perchè a Torino l'emergenza abitativa non è ancora così stringente
come in altre città. È chiaro però che le cose stanno cambiando. Il disegno
dell'austerity prende forma: la città dei giovani, della quale il sindaco Piero
Fassino si riempie la bocca, diventa -
giorno dopo giorno, taglio dopo taglio - una città solo di alcuni. Ragione per
cui la questione sul banco non è più solamente universitaria, ma di tutti.
Quella stessa
porta varcata il 30 ottobre dai dirigenti Edisu e dalla polizia oggi è chiusa,
sbarrata. Una porta che, ogni giorno, a ogni ora, veniva attraversata da
studenti e studentesse che sapevano di poter trovare nella Verdi 15 Occupata un
posto tranquillo in cui studiare, magari con il sottofondo musicale di uno
degli allievi del conservatorio che si esercitava. Da quella porta sono passati
lavoratori e lavoratrici che non potevano permettersi di dare 100 euro al mese
a una palestra, e che lì una palestra la trovavano, qualificata e prezzi
popolari. Da quella porta sono passati migranti che volevano imparare la lingua
italiana e italiani che ne cercavano un'altra: 'tu m'insegni il francese, lo
spagnolo, il tedesco e io t'insegno l'italiano, l'arabo, il serbo'. Da quella
porta sono passati teatro, danza, fotografia, reading, musica: decine di
artisti hanno portato e sperimentato nuovi linguaggi. E tanto altro ancora, la
Verdi 15 Occupata è sempre stata 'molto più di una residenza!'.
La
mistificazione mediatica che celebra la liberazione dello stabile dagli
usurpatori cattivi e dell'Edisu maltrattato che lo può finalmente restituire
agli studenti bisognosi è insopportabile. Di quella vita multiforme che ha
animato la Verdi 15 Occupata non si trova traccia sui giornali. La lezione che
abbiamo imparato alla Verdi non sta dentro quelle mura ma nel nostro essere
diventati comunità in lotta, attraverso e per una vita differente. Noi a quella
vita lì, ora che la conosciamo, non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare:
per condividere quest'insegnamento e per imparare ancora.
Per aderire all'appello:
iostoconlaverdi15@gmail.com
La Verdi 15 che resiste
Palazzo Nuovo Occupato, 4 novembre 2012
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